Il trasformatore è una macchina elettrica statica che permette di modificare il livello di una tensione e corrente alternata tra due circuiti separati attraverso fenomeni elettromagnetici. Dal punto di vista costruttivo troviamo due avvolgimenti in rame, chiamati avvolgimento primario e avvolgimento secondario, avvolti attorno ad un nucleo ferromagnetico. I due circuiti, costituiti ciascuno da un semplice cavo in rame isolato con resina/smalto, sono tipicamente diversi tra essi:
- il primo avvolgimento, chiamato circuito primario, presenta un numero di spire maggiore e una sezione del cavo inferiore rispetto il secondo (tale lato lavora a tensione elevata e corrente ridotta);
- il secondo avvolgimento, chiamato circuito secondario, presenta un numero di spire inferiore e una sezione di cavo maggiore rispetto il primo avvolgimento (tale lato lavora a tensione ridotta e corrente elevata).
Graficamente si pone l’avvolgimento primario a sinistra e tutte le relative grandezze elettriche avranno il pedice 1. L’avvolgimento secondario, invece, si rappresenta a destra e tutte le relative grandezze avranno pedice 2. Inoltre, tali avvolgimenti non sono a contatto diretto con il nucleo, bensì vengono avvolti su di un rocchetto plastico di supporto e possono essere disposti come nella prima figura (trasformatore a colonne) o come nella seconda (trasformatore a mantello). I due circuiti non sono a contatto tra loro, pertanto tra essi vi è un isolamento galvanico che impedisce ad un guasto di propagarsi da un avvolgimento ad un altro.
Il numero di spire degli avvolgimenti, indicato rispettivamente con N1 e N2, concorre a definire il fattore di trasformazione K. Esso, a livello matematico, risulta essere il rapporto tra il numero di spire dell’avvolgimento primario e il numero di spire dell’avvolgimento secondario. Tale coefficiente è il legame che si instaurerà tra la tensione/corrente di ingresso nei confronti della tensione/corrente in uscita. Se il trasformatore permette di passare da un livello di tensione ad uno inferiore prenderà il nome di trasformatore abbassatore, se invece permette di incrementare la tensione di uscita rispetto a quella di ingresso si chiamerà innalzatore.
Lo studio di questa macchina statica può avvenire in modalità semplificata, attraverso il trasformatore ideale, oppure in modalità completa attraverso il trasformatore reale. Nel primo caso vengono trascurare le perdite dovute alle caratteristiche stesse della macchina, nel secondo caso si considerano tutte le perdite di potenza causate dal circuito elettrico e dal circuito magnetico.
Il trasformatore può lavorare in tre condizioni diverse di funzionamento:
- a vuoto (nessun carico connesso al’avvolgimento secondario)
- in cortocircuito (avvolgimento secondario in cortocircuito)
- con carico applicato (carico connesso al lato secondario)
Qualunque sia lo stato di funzionamento adottato, il trasformatore può essere studiato con un approccio ideale oppure reale.
Trasformatore IDEALE
Il trasformatore ideale è un modello semplificato dove la potenza apparente assorbita dalla macchina coincide con la potenza apparente resa, senza quindi subire perdite dovute al funzionamento della macchina stessa. Vengono trascurate le perdite dovute alla dissipazione per effetto Joule da parte degli avvolgimenti primario e secondario (perdite nel rame, Pcu) e le perdite dovute al nucleo magnetico (perdite nel ferro, Pfe). Si tratta di fatto di un modello a rendimento uguale a 1.
Schema elettrico di un trasformatore monofase ideale
Dallo schema notiamo che non sono presenti parametri di perdita longitudinali o trasversali, pertanto la potenza S1 coinciderà con la potenza S2 e di conseguenza otteniamo la seguente dimostrazione.
\(S_1 = S_2\) \(U_1 \cdot I_1 = U_2 \cdot I_2\)Inoltre abbiamo che il la tensione vettoriale U1 = -E1 e che il la tensione vettoriale E2 = U2.
Trasformatore REALE
Il trasformatore reale è un modello matematico che permette di rappresentare e studiare tutti i fenomeni compresi le perdite per dissipazione Joule degli avvolgimenti primario e secondario (Pcu) e le perdite causate dal nucleo magnetico (Pfe, suddivise in perdite per correnti parassite e per isteresi magnetica). Il rendimento della macchina elettrica, pertanto, sarà sempre inferiore a 1.
Dal seguente schema, infatti, vediamo l’introduzione di due parametri longitudinali (Z1 e Z2) e di un parametro trasversale (Y). Le impedenze Z1 e Z2 rappresentano rispettivamente il modello elettrico dell’avvolgimento di rame primario e dell’avvolgimento secondario. L’ammettenza Y (ovvero l’inverso matematico dell’impedenza) individua matematicamente le perdite dovute per cause magnetiche all’interno nel nucleo.
Le impedenze Z1 e Z2 e l’ammettenza Y si possono a loro volta scomporre in altri componenti elementari. Gli avvolgimenti di rame, infatti, essendo due cavi elettrici sono identificabili come un circuito ohmico-induttivo RL serie. Avremo quindi una prima serie, formata dal resistore R1 e dell’induttore X1d, che identifica il circuito primario del trasformatore, e una seconda serie, formata dal resistore R2 e dell’induttore X2d, che identifica il circuito secondario. Anche l’ammettenza Y si può scomporre in due elementi elementari: l’ammettenza G (inverso matematico della resistenza) e la suscettanza B (inverso della reattanza). L’ammettenza G identifica la presenza di perdite dovute a correnti parassite instaurate all’interno del nucleo ferromagnetico, mentre la suscettanza B permette di considerare le perdite per isteresi magnetica del nucleo stesso.
Mediante lo studio di un trasformatore reale possiamo quindi affermare che il modulo della tensione vettoriale U1 è maggiore del modulo della tensione vettoriale E1, e che il modulo di E2 è a sua volta maggiore di U2.
Rapporto di trasformazione
Conoscendo il numero delle spire dei singoli avvolgimenti possiamo calcolare rapidamente, sfruttando il modello ideale, i parametri base del nostro trasformatore:
\(k =\frac{N_1}{N_2} =\frac{U_1}{U_2} = \frac{I_2}{I_1}\)Vediamo quindi come vi sia un legame matematico stretto tra numero di spire, tensioni e correnti del lato primario e del lato secondario. Nello specifico se esaminiamo la porzione di relazione:
\(\frac{U_1}{U_2} = \frac{I_2}{I_1}\)e la riscriviamo come
\({U_1}\cdot {I_1} ={U_2}\cdot {I_2}\)notiamo subito che sul lato sottoposto a maggior tensione avremo minor assorbimento di corrente e, ovviamente, sul lato con tensione ridotta avremo maggior corrente disponibile.
Per effettuare uno studio completo di un trasformatore si procede sempre con tre prove pratiche:
- Prova a vuoto (permette di isolare le perdite nel ferro Pfe)
- Prova in cortocircuito (permette di isolare le perdite nel rame Pcu)
- Misura resistenza degli avvolgimenti